martedì 6 marzo 2012

Follie notturne

Crêuza de mä by Fabrizio De André on Grooveshark

E' una serata di pioggia a Pavia, una delle poche di quest'inverno; pioggia forte e insistente e umida. Una cena piacevolmente rapida in un bar di periferia, con l'odore di ammoniaca del detersivo che già si alza dal pavimento umido e le saracinesche abbassate a metà. E dopocena la voglia di smaltire un tegamino caldo di scamorza affumicata e pomodorini con prosciutto crudo. Ma improvvisamente Pavia è stretta: l'idea di una passeggiata sotto la pioggia lungo il fiume sa di vecchio e di umido; e l'idea di un cinema è claustrofobica.
La battuta esce spontanea, e ha una voce meridionale "Andiamo a vedere il mare? Andiamo a Genova?"; e nella pioggia pavese
è come una folata di vento salato che viene da lontano e diventa un piacevole desiderio nella mia testa meridionale...il mare.
Dopo pochi minuti siamo già in viaggio verso sud, sulla piatta strada rettilinea a tre corsie con l'asfalto drenante. Strada che piano piano comincia a salire, perde la corsia d'emergenza, perde una corsia, strada che si allaga e diventa tortuosa. E la pioggia che piano piano diventa neve, un turbinio di neve davanti ai fari, quattro pneumatici non invernali che scivolano nelle curve secche della Milano-Genova ricoperte di neve. Ma è tutto buio e bianchissimo intorno alla mia Peugeot siciliana, gli alberi piegati dalla neve, i paesini già addormentati con i camini accesi, qualche finestra illuminata, la neve che continua a scendere candida e enorme, e la radio che canta De Andrè e la sua creuza de mà.
Ma stasera non è voglia di neve, è voglia di quella folata di vento di mare; ed è impossibile tornare indietro. Finalmente la strada ricomincia a scendere, la neve ritorna pioggia e Genova è lì, con le sue pericolose cascate d'acqua dalle colline, le sue strade tortuose, la Sopraelevata, i grandi traghetti attraccati al Porto Nuovo che ondeggiano sul mare d'inverno. E poi finalmente quell'odore di sale portato dal vento fortissimo, cadaveri di ombrelli che giacciono negli angoli delle strade, di quelle stradine di Genova vicino al Porto Vecchio che trasudano vita di mare, piene di odori, e piene di vita nonostante in giro non ci sia nessuno. Solo qualche lavoratore notturno, che guarda con occhi straniti questo gruppetto di persone che vaga nella notte di Genova con gli ombrelli straziati e le scarpe bagnate.
Ma nel ritorno in piena notte, risalendo di nuovo sulle colline genovesi, attraversando di nuovo i turbini bianchi, sbandando ancora una volta sulle curve della Genova-Milano ricoperte di neve, guardando la neve ritornare pioggia, riattraversando la piatta strada a tre corsie, ritornando nella stretta Pavia con l'aria salata in corpo, ripenso alla magia di una camminata notturna sotto la pioggia in una città deserta che non conosco...una follia notturna che lascia il desiderio di altre follie.



2 commenti:

  1. Ricordo di aver letto una notte, in un altro blog, che gli scrittori riescono in quell'impresa futuristica che gli scienziati agognano: condurre la gente a bordo di una macchina del tempo. Beh, forse, per una volta, uno scienziato è davvero riuscito a prendersi gioco dei dispotici veti di Spazio e Tempo per trascinarmi a Genova, in un lunedì notte di follia, insieme ad un gruppo di pazzi! Complimenti!

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