mercoledì 4 gennaio 2012

In viaggio - attraversare il mare

Gli eccitanti giorni che precedono un viaggio. Il pensiero dei luoghi che vedrò, la lettura frenetica delle guide, la preparazione della valigia, guardare le previsioni del tempo (che vuol dire temperatura percepita -20°C?), controllare i documenti.
Dimenticherò qualcosa? Sentirò freddo? Ma davvero mi serviranno tutte queste sciarpe?
Promemoria: ricordati l'adattatore, i dollari, la macchina fotografica!, il caricabatterie della macchina fotografica!!, il passaporto!!!

Poi la sveglia in piena notte, finalmente chiudo le valigie, spengo la caldaia, do un'occhiata intorno, e poi fuori di casa. Ciao casa, ci vediamo l'anno prossimo. Tolgo tutto il ghiaccio dalla macchina (matruzza bedda cchi friddu stanotte a Pavia!), via verso l'aeroporto nella notte nebbiosa.

Alitalia e i suoi simpatici siparietti a Linate, protagonista uno che si è svegliato in piena notte, con 3 ore di sonno e che non ha ancora preso un caffè (sarei io) e un'hostess Alitalia:
"Mi spiace, il suo nome non compare nella lista passeggeri del volo delle 7 per Roma. La imbarchiamo alle 9, va bene?"
"Ehm signorina, veramente avrei una coincidenza per Boston alle 11"
"Non si preoccupi, l'aereo per Boston e' gia' in ritardo" (ah, meno male...)
"Si, ma io mi sarei svegliato alle 3.30 per prendere questo aereo...quindi adesso mi faccia partire alle 7, per favore!!!"
(Tono molto gentile ed educato nonostante la mancanza di caffeina; ma si sa, io sono gentile).

Alla fine la signorina è altrettanto gentile e mi spedisce
a Roma col volo delle 7; il tempo di un caffe' e una brioche, e poi via sull'aereo. I 40 minuti del Milano-Roma mi sembrano così ridicoli, quasi un trasferimento in autobus; ridicoli, ma sufficienti per chiudere gli occhi e addormentarmi, riaprirli e godermi l'alba dal cielo.

Capitolo aeroporto di Roma-Fiumicino...area transfer...tabellone delle partenze...volo per Boston dal terminal G, quello delle partenze extra-europee. E' la prima volta che vado in un terminal per voli extra-europei. Un sommario controllo del passaporto, preceduto dal terribile pensiero "ma mi faranno passare con quella foto in cui sembro scuro come un indiano?", e poi via dentro al terminal G. Beh, non e' un normale terminal aeroportuale, il terminal G è un mappamondo: Caracas, Singapore, Kuala Lumpur, Istanbul, Dubai, New York, Rio de Janeiro. Il terminal G è un museo delle razze umane: asiatici, neri, bianchi, gialli, alti, bassi, chiari, scuri, biondi, mori, giacche e cravatte, chador, vesti colorate, copricapo bizzarri, teste rasate, sandali, stivali. Dalle vetrate aerei giganteschi, 4 motori, 2 piani, ali lunghissime, e livree esotiche.

Nel via vai di mezzo mondo che attraversa il terminal G l'unica fila immobile e' quella dei Bostonians, che contano con pazienza le 2 ore di ritardo: problemi tecnici si dice prima, poi in verità l'aereo è arrivato in ritardo da Caracas (scusa piu' tranquillizzante di un generico "problemi tecnici"). Vabbè, c'è tempo per una seconda colazione (già sveglio da 8 ore), un altro caffè e un cornetto (perchè a Roma posso permettermi di dire cornetto e non brioche!!!).

Alle 12.30 tutti sull'aereo! Da fuori me l'aspettavo piu' grande. Su per le scale verso il mio primo volo intercontinentale e...mah...anche dentro me l'aspettavo piu' grande. Posto 20L, lato finestrino, sull'ala destra: in effetti adesso si che mi sembra grande l'aereo, con quell'ala lunghissima. Passeggeri in ritardo, cappelliere piene, il solito caos e poi finalmente via. E quando i motori del bestione cominciano a rombare e la pista comincia a correre via sempre più veloce, mi rendo conto che forse non e' proprio il solito aeroplanino del weekend.

Finalmente in aria, in volo verso gli Stati Uniti. Il comandante informa che il tempo lungo la rotta e' buono, troveremo un po' di turbolenza soltanto nei pressi della Toscana; buffo...un viaggio di 6500 km verso mete lontane e mi devo preoccupare della turbolenza in Toscana! Beh, in effetti poi si e' ballato parecchio sulla Toscana...

Tra la lettura di una guida, una crepes (forse al singolare si scrive crepe), un bicchiere di vino bianco, un caffè e un pisolino, l'Europa corre via lontana sotto le nuvole. Tre film accompagnano il nostro viaggio, l'ultimo dei tre è Terraferma. Proporre Terraferma mentre sei a 11000 metri di quota è quantomeno bizzarro; ma forse è ancora più bizzarro guardare un film in siciliano con i sottotitoli in inglese; è ancora ancora più bizzarro che mentre volo verso il mio sogno americano un pezzo di Sicilia mi accompagni lungo il viaggio.

Poi cala la sera sull'aereo che sorvola l'Atlantico...anzi no, la sera non cala mai. Magie della Terra sferica e di un aereo che vola verso ovest; le ore passano ma la giornata no. Il Sole rimane sempre sospeso sull'orizzonte, basso basso; le nuvole colorate di rosa, il cielo azzurro e arancione, un tramonto lungo ore e ore. Sotto di noi finalmente il continente americano, il Canada con il mare ghiacciato, e alla fine gli Stati Uniti. Quando l'aereo comincia a scendere verso Boston, finalmente smette di inseguire il sole, e il tramonto diventa crepuscolo. Un paio di virate, il rumore del carrello che si apre, le luci della città che si accendono e si fanno sempre più vicine, e poi finalmente il viaggio finisce sulla pista d'atterraggio dell'aeroporto Logan di Boston. Sono le 23 per me, ma in realtà sono ancora le 17; spostare le lancette dell'orologio è il primo indizio che finalmente l'America è arrivata.

I soliti annunci di rito, "Benvenuti a Boston", "Welcome to Boston", "Please keep your seat belt fastened until the doors will be opened" e cose così. Un ultimo sguardo intorno per non dimenticare nulla in aereo, e poi finalmente guardo un attimo fuori dal finestrino. Mille luci sfavillanti di grattacieli in lontananza al tramonto, la rappresentazione più banale di una città degli Stati Uniti. Banale, ma questo era quello che volevo vedere, per cui ho fatto questi 6500 km. E adesso il viaggio può cominciare. [to be continued...]



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